22/09/2015 - Il sogno in psicoterapia

L’importanza e l’utilità dei sogni, nel lavoro psicoterapico, costituiscono da sempre  oggetto di articoli e discussioni in ambito scientifico. Non affermo, dunque, nulla di nuovo nello scrivere che l’elaborazione del potenziale nascosto del sogno dia luogo al processo di riappropriazione di parti di sé, necessaria per arrivare a costituire una persona sana ed integrata.

Il sogno è, infatti, in tale ambito, una sorta di mappa attiva all’interno della quale vengono raffigurate e rese operative emozioni e vissuti ed in cui prendono vita dinamiche intrapsichiche e relazionali. Il racconto del sogno, rappresentando invece una traduzione in termini narrativi, segue le norme del "sistema di credenze" del sognatore: quelle stesse norme che operano nella sua vita da sveglio. Questo ci informa in merito all’organizzazione cognitiva che il soggetto adopera, per costruire la propria visione di se stesso nel mondo.  

In aggiunta a quanto sopra esposto, nel corso della mia carriera ho avuto modo di verificare più volte, come il racconto del sogno possieda alcuni aspetti comunicativi relativi alla specifica dimensione relazionale paziente-terapeuta. Il sogno, dunque, come bussola che orienta, fornendo passo dopo passo le coordinate del cammino psicoterapico in itinere.

Il racconto, appoggiandosi infatti al "noi" della relazione terapeutica, aggancia il flusso di condotta vissuto nel sogno ad un supporto reale, all’interno del quale è possibile osservare e ridefinire le modalità in cui il Sé si configura in quella determinata fase.

Con una certa ripetitività  ho avuto modo di notare come più o meno a metà del percorso psicoterapeutico, il paziente, uomo o donna che sia, porti in seduta il racconto del medesimo sogno, la cui trama ruota sostanzialmente intorno alla tematica della nascita, rappresentata nelle sue più svariate forme: gravidanza, parto, accudimento di un neonato e così via. E’ come se l’operazione di riattualizzazione svolta in seduta, attraverso il racconto del sogno ricordato, fornisse l’accesso ad un mondo interiore ancora inconsapevole ed in cui vengono agiti nuovi scenari.

Il sogno appare, dunque, come un teatro, in cui la messa in scena del movimento elaborativo interno produce apertura al nuovo, tanto quanto, la chiusura del vecchio ancora inconcluso.

Ogni sogno è un universo a sé, ma lavorare sul sogno consiste sostanzialmente  nell’individuare le corrispondenze fra gli elementi onirici e il modo di essere del paziente, tanto nell’affermare quanto nel negare le proprie caratteristiche.

Mediante un rovesciamento temporale, il paziente nella situazione del “come se” del setting terapeutico, ha la possibilità di sperimentare, “qui ed ora”, vissuti affettivamente reali, ai quali possono e devono seguire risposte diverse da quelle abituali. Ciò permette la maturazione e lo sviluppo di strumenti affettivi e cognitivi fino ad allora non ancora disponibili, che conducono il paziente al di fuori della fissità emotiva e della sua visione in bianco e nero della vita.

Il terapeuta, in tutto questo, è una sorta di accompagnatore empatico, che svolge la sua azione maieutica, partendo dal principio che gli elementi del sogno sono definibili soltanto rispetto alla relazione con l’insieme, così come le note di una complessa ed articolata melodia.

 

Bibliografia

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