Uno tra i termini più inflazionati ed abusati nella nostra società è senza dubbio la parola “stress”.
Troppo spesso si ricorre al termine in questione per indicare un semplice stato di stanchezza o di forte emotività, che nulla hanno a che vedere con lo stress in senso lato.
È, infatti, solo dagli anni ’70 in poi e grazie ai lavori del medico austriaco Hans Selye che la parola entra a far parte del vocabolario medico. Lo psicologo è il primo ad utilizzare questa definizione (mutuata dalla fisica dove indicava lo stato di tensione cui era sottoposto un materiale) nella quale allude a tutte quelle forze potenzialmente dannose che opprimono la persona, giungendo a specificarne una vera e propria sindrome di adattamento generale suddivisa in: fase di allarme, fase di resistenza e fase di esaurimento.
Lo psicologo osservò come, se nella prima fase l’organismo risponde agli stressor (cioè l’agente stressante) mettendo in atto meccanismi di fronteggiamento fisici e mentali (aumento del battito cardiaco , della pressione sanguigna), in quella di resistenza il corpo tenta di combattere contro gli effetti negativi dell’affaticamento prolungato, attraverso la produzione di risposte ormonali ( ghiandole surrenali). Quando gli stressor proseguono nella loro azione, il soggetto può venire sopraffatto e solo in quel momento possono verificarsi effetti sfavorevoli permanenti a carico della struttura psichica della persona.
Parliamo, quindi, di stress quando intendiamo una reazione di tensione fisica e psichica prolungata nel tempo, di fronte ad una situazione pressoria quale lo studio, il lavoro, una crisi, un cambiamento di vita o una situazione luttuosa. In alcuni casi tuttavia, vale a dire quando lo stress è gestito in maniera adeguata, si parla di “eu-stress”: ciò significa che la condizione è stata voluta, perché nonostante impegnativa è risultata essere gratificante e chi la sta vivendo ha una percezione di controllo sulla stessa. Più frequentemente, però, si verificano situazioni di “di-stress”, che possono portare a vere e proprie patologie in cui le strategie applicabili sono quelle di “stress managment”, in altre parole, si tratta di tecniche di gestione dello stress. Se, infatti, da una parte le cause dello stress sono riconducibili a situazioni inevitabili ed indesiderate, dall’altra è indispensabile che il soggetto abbia la consapevolezza di poter gestire le reazioni all’evento, affinché attraverso l’osservazione dei comportamenti e della gestione delle emozioni utilizzati in ambito lavorativo e in quello privato, si possano offrire risposte adeguate ai fattori stressanti, recuperando e tutelando la salute dell’individuo.
Passo dopo passo e grazie all’aiuto di un professionista che insegna anche a padroneggiare autonomamente le tecniche e gli esercizi necessari a recuperare il proprio benessere, il cosiddetto di-stress può diventare eu-stress: la fase negativa può, pertanto, diventare stimolo a migliorarsi continuamente e non più ostacolo alla vita stessa.